sabato 17 novembre 2007

GLI ANTISTALINISTI SI TROVANO ANCHE TRA GLI STALINISTI!

Purtroppo attualmente nelle file del movimento comunista e operaio nazionale ed internazionale gli anticomunisti, e ancor di più gli antistalinisti, sono una forza preponderante ed è difficile prevederne il momento della sconfitta da parte delle forze coerentemente marxiste-leniniste, la svolta è affidata a un nuovo futuro esercito di rivoluzionari formati alla scuola del pensiero e l’opera di Marx, Engels, Lenin e Stalin.


Per primi a rendersi conto del pericolo dei nemici interni al movimento comunista e operaio, vale a dire i revisionisti, furono Marx ed Engels e contro di essi impegnarono le loro migliori energie intellettive scrivendo saggi e combattendoli nelle assisi internazionali. E’ stato e rimane un nemico peggiore e più insidioso di quello della classe borghese avversaria, un nemico che porta il nome di socialismo riformista, di socialdemocrazia, di rivoluzionarismo, di estremismo, di opportunismo, di economicismo, di revisionismo, di trotschismo e di maoismo, un pericolo – costituito da un coacervo di posizioni culturali e politiche di deviazione borghese – che nel tempo, per rimanere in Italia, ha assunto il nome di PCI, PRC, PdCI e loro organizzazioni giovanili. L’antistalinismo è stato e rimane, in ordine di tempo, l’ultimo e più devastante nemico interno della causa socialista. Naturalmente l’avversario di classe alimenta, amplifica e diffonde questo autentico cancro della prospettiva socialista. E’ il revisionismo della dottrina, della scienza e della strategia politica rivoluzionaria del marxismo-leninismo, è lo snaturamento dello spessore rivoluzionario della lotta di classe e del suo obiettivo storico ed è la deviazione della lotta rivoluzionaria dall’obiettivo della distruzione del capitalismo.
Quando i revisionisti organizzativamente e individualmente accedono alla gestione del sistema socio-economico e del potere statale capitalistici adagiandosi sui benefici e privilegi che ciò garantisce e che corrompono e corrodono in profondità la loro coscienza di classe e comunista, essi cessano di essere alleati e diventano una controparte della classe lavoratrice e per poter continuare a godere dei vantaggi acquisiti svolgono quell’opera devastatrice di inganno parolaio dei lavoratori – usando un falso e strumentale frasario comunistoide e rivoluzionaristico – per carpirgli la legittimazione istituzionale, ovvero il consenso elettorale. Quando un falso e rinnegato comunista parla alla televisione, alla radio e nelle istituzioni ti accorgi subito che è un revisionista, perché usa moderazione, comprensione verso l’avversario di classe e, principalmente, non attacca frontalmente e in modo demolitore lo Stato e il sistema capitalistico e parlando della sua appartenenza politica non usa la terminologia di classe e rivoluzionaria. Il revisionista è un furbo, un opportunista, un carrierista, un arrivista, un esibizionista, un mentitore, un piccolo-borghese, è uno avvezzo ai piaceri della vita borghese, è un viscido che striscia come una tarantola nelle fila del movimento comunista e operaio azzannando e avvelenando i più sprovveduti che, disgraziatamente, sono parecchi
E’ importante tener presente che i revisionisti utilizzano argomentazioni e linguaggi diversi a seconda delle circostanze e dell’interlocutore: rispetto ad un uditorio moderato danno fondo a tutta la loro cultura moderata e antimarxista-leninista-stalinista per guadagnarsi opportunisticamente il loro plauso e, se possibile, anche il loro consenso elettorale, mentre quando si trovano davanti a una platea marxista-leninista e a lavoratori che posseggono una chiara coscienza di classe essi, senza pudore e da imbroglioni di mestiere, utilizzano un frasario solo apparentemente rivoluzionario, perché costoro, privi di dignità, di moralità e di un’autentica coscienza marxista-leninista e di classe, per galleggiare sui privilegi sociali e istituzionali della società borghese cercano di raccattare materia prima – cioè quel consenso elettorale indispensabile ai loro giochi – a sinistra, a centro e a destra. Per costoro il partito rivoluzionario, la rivoluzione proletaria, la dittatura del proletariato e la collettivizzazione per la costruzione del socialismo sono solo deviazioni, crimini prima stalinisti e poi leninisti da cancellare e bandire dalla coscienza del proletariato, perché per loro la rivoluzione è idealistica e delle coscienze – non una tappa del materialismo storico giunto a maturazione – è il pacifismo, il movimentismo e il progressismo borghesi.
Anche quando scrivono i revisionisti stanno attenti a non apparire “estremisti, utopisti, non pragmatici” rispetto al presente capitalistico. Si trovano a proprio agio quando collaborano a riviste, giornali e ad iniziative politiche ed istituzionali borghesi, movimentiste pacifiste e stanno attenti a non essere troppo “rivoluzionari” per non perdere le occasioni di esibizionismo e per, opportunisticamente, non correre il rischio dell’isolamento da parte dell’accademismo e dell’intellettualismo revisionista, riformista e piccolo-borghese. E un velo pietoso qui vogliamo stendere su quegli “intellettuali, professori e filosofi” – che proprio nulla hanno da spartire col pensiero, il sapere e l’arte del realismo socialista e che non né sono neppure una caricatura – cosiddetti della sinistra marxista e persino stalinista che hanno la pretesa di rappresentare e di dibattere la cultura comunista e la storia rivoluzionaria del movimento comunista e operaio nazionale e internazionale e che invece il loro posto può essere solamente quello vomitoso dei salotti della “buona” borghesia intellettualoide. Questi ultimi sono i più pericolosi per la prospettiva del socialismo, perché snaturano e falsificano l’autenticità della dottrina comunista, la sua natura unicamente di classe e rivoluzionaria e la sua prospettiva comunista. Essi sono idealisti e borghesi nei decenni opportunisticamente approdati alla sinistra e che a partire dalla loro formazione pretendono di interpretare e di orientare la cultura di liberazione rivoluzionaria del proletariato nei secoli socialmente schiavizzato ed economicamente sfruttato e abbrutito.
Non c’è possibilità – come lo è stato all’inizio del secolo scorso e a cui Lenin e Stalin seppero dare il giusto orientamento rivoluzionario – di ripresa di una lotta di classe cosciente e rivoluzionaria, di ricostruzione di un vero Partito Comunista Rivoluzionario, di ripresa di un’epoca di Rivoluzioni Proletarie, di ricostituzione della dittatura del proletariato, di rivincita sul nuovo nazifascismo che oscura ancora una volta il Pianeta e di riavviare la costruzione della società socialista interrotta dalla morte di Stalin, senza liberarci e liberare il proletariato del mondo dal fango limaccioso e putrescente della cultura revisionista e dei revisionisti e di tutti coloro che pretendono di reinterpretare e rielaborare il marxismo – sorvolando furbescamente sul marxismo-leninismo o servendosene strumentalmente –, naturalmente per conto della sopravvivenza ancora a lungo dell’infame sistema capitalistico e della sua emanazione imperialistica. Uno sporco lavoro questo dei revisori della cultura e della storia comunista che il loro padrone capitale ben remunera, perché con questi pensatori, professoroni e scribacchini falsamente di sinistra il capitalismo riesce meglio a disorientare e creare scompiglio nella classe lavoratrice e tra i giovani studenti e operai.
I marxisti-leninisti, galvanizzati dall’insegnamento di vita – in particolare dall’impegno di lotta contro la cultura e la politica revisionista – e dal pensiero e l’opera dei nostri Grandi Maestri Marx, Engels, Lenin e Stalin, devono lavorare accanitamente, in tutti i paesi della Terra, per formare una nuova leva di rivoluzionari marxisti-leninisti per educare il proletariato e prepararlo alla sua funzione storica di liberazione e di emancipazione, di conquista del potere politico e di costruzione della società prima socialista e poi comunista. Oggi questo è il compito primario di ogni educatore marxista-leninista all’interno del Partito di militanza, nella classe lavoratrice e nella società, un compito che per nessuna ragione bisogna disattendere.